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Ciclismo, crisi Vingegaard: lo stress post Tour De France

LO STRESS POST TOUR DE FRANCE: COM’È DIFFICILE ESSERE CAMPIONI
Certe corse sono più grandi degli atleti. Così come certe vittorie, a volte, si tramutano in fardelli troppo pesanti da sostenere per chi non era pronto a finire così presto sotto le luci dei riflettori. Un paradosso, ma anche una triste verità: vincere è bello e per qualcuno è l’unica cosa che conta, ma anche i trionfi hanno un prezzo. Se n’è accorto Jonas Vingegaard, il vincitore (un po’ a sorpresa) dell’ultimo Tour de France, che essendo la corsa più grande di tutte tra quelle che si corrono in bici ha finito una volta di più per stritolare la mente di una delle grandi eccellenze che ha contribuito a renderla grande agli occhi del mondo. Ma non c’è sconto per nessuno quando di mezzo ci vanno la fama e la ribalta: Vingegaard ha dimostrato di essere pronto per guadagnarsi un posto nell’albo d’oro della grand boucle, ma non aveva fatto i conti con ciò che la vita gli avrebbe poi preteso in termini di fatica e stress mentale. Tanto da essere caduto in depressione e non essere ancora riuscito a salire di nuovo in sella, rinunciando persino a correre davanti al proprio pubblico nel Giro di Danimarca e a rappresentare la propria nazione ai prossimi mondiali di Wollolong, in Australia, in programma il 25 settembre.
LA VERA DIFFICOLTÀ È TROVARE NUOVI STIMOLI E OBIETTIVI
Vista da fuori può sembrare un’eresia, o quantomeno una scelta fuori da ogni logica. La verità però racconta la fragilità di un uomo divenuto campione troppo in fretta, incapace di reggere la pressione mediatica di un successo (appunto) più grande del suo essere corridore. Torna l’adagio iniziale: il Tour è una corsa più grande degli atleti che lo corrono, e il Tour ha reso la vita di Vingegaard più simile a un piccolo inferno. Lo ha ammesso candidamente alla tv nazionale, mostrando un lato di sé che certo Tadej Pogacar non ha saputo cogliere durante i tanti attacchi che ha portato al rivale nel disperato tentativo di riprendersi la maglia gialla, persa sul Col du Granon a metà corsa. “Parlare con i media, con i tifosi e con tanti addetti ai lavori è bello e gratificante, ma con a lungo andare diventa faticoso e non riesci più a ripartire”, ha spiegato il vincitore del Tour. Che ha dovuto attendere un mese prima di tornare in sella, mettendo nel mirino le corse di fine stagione come il Giro dell’Emilia e naturalmente Il Lombardia. La rinuncia al Giro di Danimarca, seppur dolorosa, ha però ricordato al mondo intero quanto sia difficile diventare campioni e quanto di più lo sia tentare di confermarsi al vertice. Dopo una vittoria come quella ottenuta in Francia, ritrovare lo stimolo per porsi nuovi obiettivi è assai complicato. Vingegaard non s’è vergognato di manifestare il suo malessere, ma così facendo ha conquistato forse una vittoria ancora più grande.
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