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Torna la Premier League Ucraina, tra entusiasmo e voglia di superare il difficile periodo

La Premier League ucraina è ripresa tra bombe, ansia e disperazione lo scorso 23 agosto. Per portare a termine Rukh Lviv-Metalist Kharkiv ci sono volute 4 ore e 27 minuti: sarebbero bastati i consueti 90 minuti per decretare un vincitore (ha vinto il Metalist per 2-1), non fosse stato per le tre interruzioni degli allarmi aerei. Tutti giù nel rifugio per 145 minuti in totale. Alle ore 15 è stato dato il calcio d’inizio, alle 19.27 è arrivato il triplice fischio.
L’Ucraina vuole tornare alla normalità ripartendo dal calcio, veicolo di speranza e regolarità anche durante i mesi più difficili del contagio da Covid-19. Le partite si giocano senza tifosi sugli spalti, un triste deja-vu: ma stavolta il nemico è visibile e ha un nome, a differenza del virus che ha condizionato sport e vita sociale nel 2020. Diverse squadre sono costrette a giocare lontane dai loro stadi, dalle loro città, a rifugiarsi nelle regioni occidentali o centrali, giudicate più sicure: in realtà, escludendo l’episodio raccontato in apertura, nessuna delle gare disputate prima di Lviv-Metalist era stata interrotta da allarmi aerei, terminando in un paio di ore.
L’invasione in corso della Russia non ha fermato la voglia di calcio, da cui nasce la spinta alla ripresa economica e sociale di una nazione devastata dalle bombe, massacrata dalle morte di innocenti, bersagliata dagli aerei nemici.
L’ultima volta che un pallone aveva rotolato su un campo di calcio era febbraio: lo Shakhtar, all’epoca allenato da Roberto De Zerbi, era in vetta alla classifica. Il titolo non è stato assegnato, probabilmente il prossimo lo vincerà una tra Shakhtar e Metalist, le due squadre più accreditate alla conquista dello Scudetto.
Il segnale è chiaro: l’Ucraina vuole rialzarsi. Il presidente della lega calcio ucraina, Andriy Pavelko, orgogliosamente, ha spiegato: “I russi ci fanno la guerra, noi ucraini giochiamo a calcio e facciamo i campionati di Serie A, B e C, maschile e femminile. Abbiamo bisogno di calcio, lo facciamo per i tifosi ma anche per i nostri soldati al fronte”.
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