La verità è che questo, più che un addio, è stata solo una conferma. Perché Roger Federer la racchetta l’ha appesa al chiodo ormai da un anno abbondante, forse anche più pensando al fatto che dal 2019 a oggi sono state appena 20 le partite nelle quali è sceso in campo, con la semifinale degli Australian Open 2020 persa contro Djokovic che di fatto ne ha segnato l’ultimo grande ballo sotto i riflettori. In qualche modo tutti erano preparati a congedarsi definitivamente dal campione elvetico, e l’annuncio arrivato a pochi giorni dalla Laver Cup ha finito per ufficializzare quel che già si sapeva da tempo. Ma non si è mai pronti per un distacco così doloroso, neppure al pensiero che quel fuoriclasse che ha segnato vent’anni di storia del tennis (probabilmente i più belli ed entusiasmanti di sempre) fosse già tanto in là con gli anni. Pensare a un tennis senza Federer è impresa ardua: Roger ne ha incarnato l’essenza più profonda, lo stile di gioco impareggiabile, l’eleganza al massimo stadio anche nell’era in cui la forza fisica ha preso inevitabilmente il sopravvento. Bello perché efficace, bello perché inimitabile, bello perché unico, bello per l’esempio impeccabile che sempre ha dato, dentro e fuori dal campo.
NESSUNO COME LUI, MA L’ESEMPIO È CIÒ CHE CONTA
Con l’uscita di scena definitiva di Federer il mondo ATP entra definitivamente in una nuova era. Presto o tardi che sarà anche Nadal e Djokovic dovranno seguirlo nella schiera delle leggende della racchetta: lo spagnolo, prossimo a diventare papà, da tempo ha limitato il suo raggio d’azione, selezionando accuratamente i tornei da disputare per non gravare troppo su un fisico martoriato dalla fatica. Il serbo, una volta che sarà chiusa la triste parentesi politica che ne ha condizionato l’ultima annata, avrà ancora qualche buona cartuccia da sparare, perché dei tre è il più giovane e può ancora competere ad altissimo livello per almeno 3-4 anni. Certo alle sue spalle la spinta dei millennials sarà sempre più forte (Alcaraz, ma pure Sinner, Auger-Aliassime, Rune e Musetti) e questo renderà il tennis un po’ più “democratico”, perché ritrovare una platea di Fab 3 come quella che ha imperversato nel circuito nei primi due decenni del nuovo secolo sarà impossibile. L’eredità di Federer è difficile da raccogliere: nessun tennista può paragonarsi a lui per stile, classe ed eleganza. Ma il tennis ha saputo sempre rigenerarsi e lo saprà fare ancora, magari traendo spunto proprio dall’esempio di un giovanotto di Basilea che a 20 anni è andato alla conquista del mondo, “fermandosi” dopo 20 titoli slam, 103 titoli ATP su 157 finali disputate, 1.251 vittorie (e 275 sconfitte) e dopo aver ricevuto un amore sconfinato da ogni angolo della terra. God save the king.