Il lavoro che Stefano Pioli, di concerto con lo staff e la società, sta portando avanti da ormai tre anni è qualcosa di straordinario. Nessuna squadra in Serie A ha fatto più punti del Milan dal lockdown in poi; nessuna squadra – eccetto il Napoli di questi primissimi mesi – gioca il calcio europeo che gioca la squadra rossonera: un gruppo letteralmente trasformato negli ultimi trentasei mesi, che ha portato la squadra di Pioli a trionfare la scorsa stagione, tornando a vincere uno scudetto undici dopo l’ultima volta (era il campionato 2010-2011 e l’allenatore era Massimiliano Allegri). Questi risultati non sono frutto di casualità, ma di un lavoro ben preciso che lo staff del tecnico emiliano ha impostato dal suo arrivo a Milanello. Basti pensare alla crescita esponenziale dei tre fenomeni che sono diventati oggi Rafael Leao, Theo Hernandez e Alessandro Tonali. E pensare che è all’arrivo del portoghese i commenti furono tutti negativi su di lui; di Hernandez si disse che era una riserva del Real Madrid; di Tonali che fosse un sopravvalutato. Tre anni dopo i giudizi sono totalmente cambiati su questi tre giocatori. Così come è cambiato il giudizio nei confronti di Stefano Pioli, che arrivò da semplice traghettatore nell’ottobre del 2019, su indicazione del duo Maldini-Boban, per sostituire il deludente Marco Giampaolo. Il percorso che ha fatto il Milan è un percorso lineare: ha seminato e ora sto raccogliendo. Lo ha già fatto in Serie A, non ancora in Champions League, dove chiaramente il livello è più alto e incontra delle difficoltà oggettive. Ma la strada intrapresa è quella giusta, e col tempo arriveranno anche le soddisfazioni europee, che evocano nei tifosi milanisti dolci ricordi (anche perché mancano dal lontano 2007). Magari a partire già da questa stagione, dove il passaggio del turno in Coppa non è un’impresa impossibile, ma serve grande attenzione, tanto cuore e un pizzico di fortuna (che si sa, non guasta mai).