Chi vince si prende tutto: non solo l’ultimo slam stagionale, ma anche la vetta del ranking ATP. Cosa che solo a pensarla qualche giorno fa né Carlos Alcaraz, né tantomeno Casper Ruud avrebbero mai potuto solo osare immaginare. Invece il destino ha dato loro un’opportunità che non pensavano di poter sfruttare così presto: nell’era in cui Nadal e Djokovic la fanno ancora da padroni, vedere una finale slam orfana dei due totem rimasti sulla piazza (Federer ormai è un ex) è comunque una cosa assai rara, se è vero che negli ultimi 8 tornei almeno uno dei due ha sempre occupato una slot (ultima finale senza: US Open 2020, primo torneo posto Covid, con Thiem vincitore su Zverev). Alcaraz e Ruud sono andati oltre: per chi conquisterà il primo titolo slam in carriera ci sarà in aggiunta anche un’ulteriore gioia, rappresentata proprio dalla vetta della classifica mondiale. Dove chiunque salirà farà la storia: Alcaraz diventerebbe il giocatore più giovane di sempre a raggiungere la numero uno, abbassando di un anno abbondante il precedente primato appartenente a Leyton Hewitt (lo fisserebbe a 19 anni, 4 mesi e 7 giorni), Ruud il primo norvegese nonché il primo scandinavo a distanza di 30 anni da quando Stefan Edberg mesi piede in cima al ranking ATP. Insomma, l’inizio di una nuova era.
ALCARAZ È LA RESILIENZA FATTA PERSONA, RUUD UN TUTTOFARE
Alcaraz-Ruud è una finale che promette spettacolo, se non altro perché entrambi vengono da due settimane dove hanno mostrato di possedere le qualità per spingersi oltre i propri limiti. Lo spagnolo ha sviluppato una precisa tendenza a vincere partite nelle quali è andato a un passo dalla sconfitta: a Sinner ha annullato un match point con una risposta “senza senso” (lui stesso ha ammesso di non sapere come abbia fatto), a Tiafoe ha rovinato il sogno di una vita, dovendo peraltro combattere anche con 23mila statunitensi a sostegno (come logica vuole) del beniamino di casa. Alcaraz ha vinto le ultime tre partite al quinto set, ma ha l’età dalla sua e un fisico che riesce a recuperare energie più velocemente rispetto a gran parte dei suoi colleghi. Ruud, da specialista del rosso, ha scoperto a Flushing Meadows di essere grande anche sul cemento: se l’è vista brutta con Tommy Paul al terzo turno, poi però è sempre stato padrone delle operazioni, infliggendo l’unico 3-0 della sua campagna newyorchese al povero Berrettini nei quarti. Il norvegese nei tornei dello slam riesce ad alzare il proprio livello di gioco, e dopo la finale persa contro Nadal sogna di conquistare il primo titolo nel posto dove meno avrebbe immaginato. Contro Alcaraz ha già perso la finale di Miami, a marzo, sempre sul cemento, e pure nel 2021 sulla terra di Marbella. Ma a NY sembra stia vivendo come dentro a una bolla: per completare l’opera resta solo l’ultimo passo.