“Una decisione personale”, alla base delle dimissioni improvvise formulate da Roberto Mancini e accolte ieri dalla FIGC. L’ormai ex selezionatore azzurro s’è fatto da parte in una calda domenica di metà agosto, un fulmine a ciel sereno che, probabilmente, qualcuno in seno alla federazione già s’aspettava, considerando la freddezza del comunicato con cui la FIGC ha confermato le indiscrezioni del primo pomeriggio di ieri.
Chi si accomoderà sulla panchina di Mancini, che intanto è corteggiato – pure lui – dagli arabi e potrebbe guidare la nazionale saudita, con un ingaggio di 16 milioni di euro l’anno? Il candidato principale è Luciano Spalletti, che pare abbia già accettato l’offerta della FIGC (3 milioni di euro l’anno) e si dice pronto a intraprendere una nuova stimolante carriera da commissario tecnico, dopo aver ricucito lo scudetto sul petto del Napoli.
Ma c’è un problema, pure piuttosto spinoso: il rinnovo unilaterale esercitato dal Napoli prima dell’addio di Spalletti, blocca il tecnico toscano almeno fino a giugno. Nonostante si sia dimesso, Spalletti è ancora un tesserato del club campano. Prima di accettare la panchina azzurra, l’allenatore dovrà risolvere il contratto con De Laurentiis, che potrebbe pure non liberare Spalletti a costo zero, costringendolo a pagare una penale.
Le parti potrebbero rivolgersi alla Camera di Conciliazione, mentre la FIGC spera in una risoluzione rapida e indolore per affidare l’incarico a Spalletti, in vista degli impegni di settembre. Se non dovesse essere lui il sostituto di Mancini, la Federazione virerebbe verso Antonio Conte, svincolato dopo la separazione dal Tottenham. Il tecnico leccese conosce già l’ambiente, ha allenato con buoni risultati l’Italia, seppure senza vittorie da palmares. Rispetto a Spalletti percepisce uno stipendio più elevato, ma tornerebbe volentieri a guidare la Nazionale, pur partendo in svantaggio rispetto al collega campione d’Italia in carica.