Galeotto fu il controllo antidoping del 20 agosto, in occasione di Udinese-Juventus. Nel campione di urina di Paul Pogba sono state riscontrate tracce di testosterone. Subito è scattata la sospensione del calciatore, che ora spera in un ribaltone con le controanalisi, che quasi sempre confermano l’esito – in questo caso infausto – del primo controllo.
Pogba rischia di chiudere qui la carriera se non dovesse essere dimostrata l’assunzione involontaria del prodotto che ha determinato lo stop: 4 anni è la sanzione massima, 2 anni nel migliore dei casi. A 31 anni, se la squalifica dovesse essere più pesante, per Pogba non ci sarebbe altro che appendere le scarpette al chiodo e dire addio al calcio giocato.
Se il francese ammettesse la colpevolezza, potrebbe beneficiare di uno sconto di pena di un anno, senza ricorrere al Tribunale Nazionale Antidoping o al Tas di Losanna. Ma poco cambierebbe per la carriera del centrocampista bianconero.
L’obiettivo è quello di dimostrare l’assunzione involontaria, ottenendo una riduzione della pena da 2 anni a un anno: a quel punto per Pogba rimarrebbe in piedi la possibilità di continuare a giocare a buoni livelli, a patto che le sue condizioni fisiche migliorino.
La Juventus, intanto, ha sospeso lo stipendio al francese e non è da escludere che si possa arrivare alla risoluzione del contratto anche in caso di sanzione più lieve, dal momento che il rapporto tra Pogba e la Juventus non è sicuramente idilliaco, considerando la quasi cessione al Galatasaray saltata solo un paio di settimane fa per il mancato via libera alle visite mediche.