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Edoardo Bove ha parlato agli studenti del liceo Machiavelli di Firenze: “La cosa più importante che ha fatto la mia famiglia è stato permettermi di studiare. C’era una statistica che rivelava che su cento giovani calciatori solo tre entravano nel professionismo, dalla C alla A. Sono numeri che fanno capire che uno deve crearsi un’altra strada, essere preparato ad un piano B perché se tutto non va come deve andare ti trovi senza alternativa”.
Bove: “Noi atleti dobbiamo dare l’esempio sfruttando la nostra visibilità”
Bove è un esempio: “Dopo quello che è successo sto affrontando un percorso perché cambia la visibilità, anche se sono stato a Sanremo. Sono una persona molto riservata, ma capisco che noi atleti dobbiamo dare l’esempio positivo sfruttando la nostra visibilità pubblica. Se viene usata nel modo giusto, infatti, sono favorevole ad averla. Questa nostra esposizione può veicolare messaggi importanti. Sento la responsabilità di ciò che comunico al pubblico e cerco di essere vicino alle persone condividendo la mia esperienza vissuta in determinati momenti”.
Bove sul rapporto con i media e i social
Bove ha poi aggiunto: “Quando sono stato in ospedale, ho ricevuto molte visite da parte dei giornalisti ed è stato molto pesante. Non per me che sono abituato alle pressioni e ai media, quanto per alcuni dei miei familiari. I social li guardo, ma quando mi accorgo che li guardo troppo li disinstallo perché diventi succube. Sono curioso e mi piace farmi i cavoli degli altri mentre di mio sono molto riservato”.