Non sarà una squadra votata all’attacco o al calcio-spettacolo, ma la Juventus granitica in difesa e cinica in attacco è l’unica vera antagonista dell’Inter nella lotta allo scudetto. I bianconeri, classifica alla mano, sono tornati sui livelli degli anni migliori. Non segnerà tanto, non illuminerà le fredde serate torinesi con il gioco spumeggiante che fu di Antonio Conte e del primo periodo allegriano, ma con quello che ha a disposizione, il tecnico livornese sta praticamente portando avanti un miracolo sportivo e anche il più scettico dei tifosi gliene sta dando atto.
Senza i gol di Vlahovic, che a Monza ha sbagliato un rigore; con Chiesa che alterna buone cose a lunghi periodi di astinenza realizzativa, con Kean ancora a secco di reti e Milik ormai relegato a quarta punta, Allegri ha tirato fuori il meglio da un centrocampo smembrato dalle squalifiche di Pogba e Fagioli, fiaccato pure dall’infortunio di Locatelli (che dovrebbe rientrare contro il Napoli, venerdì sera) e che ora si regge sui giovani Miretti e Nicolussi Caviglia, sul redivivo McKennie e sul leader a sorpresa, Rabiot.
Se si pensa che l’unico colpo di mercato, Weah, è ai box per infortunio, regge ancora di più l’immagine di un risultato straordinario e inaspettato. Il vero miracolo Allegri lo ha fatto in difesa, che ora non può prescindere da Gatti, sconosciuto ad alti livelli fino a un paio d’anni fa, diventato titolare inamovibile con buona pace di Danilo; accanto a lui un Bremer a tenuta stagna, tornato alle prestazioni perfette offerte ai tempi del Torino.
Ma è anche una Juve camaleontica, che sa trasformarsi passando dal 3-5-2, il modulo di riferimento, al 4-3-3, con Kostic, McKennie e Cambiaso ad adeguarsi alle scelte di Allegri, a scambiarsi le posizioni in campo per imbambolare l’avversario. La Juventus 3.0 convince, non sarà bella da vedere, ma per lo spettacolo “c’è sempre il circo”, risponderebbe Allegri.