Dopo aver pagato in termini economici e con la defezione dalle coppe europee di quest’anno, per il caso stipendi e plusvalenze, la Juventus non ha ancora messo una pietra sopra all’inchiesta Prisma, sui bilanci del club.
Mercoledì la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dai legali bianconeri lo scorso 10 maggio davanti al gup di Torino, Marco Picco, ottenendo soltanto in parte ciò che veniva chiesto: lo spostamento del processo da Torino a Roma (la Juventus chiedeva di poter essere giudicata a Milano, sede della Borsa italiana).
I giudici della Cassazione, che sin dall’inizio sono sembrati ben disposti al trasferimento della sede del processo, hanno accolto l’istanza presentata dalle difese, stabilendo però, che la competenza territoriale dell’inchiesta e del relativo processo, sia da spostare a Roma (dove si trova fisicamente il server della società) e non nel capoluogo lombardo.
La decisione della Corte di Cassazione ha comunque soddisfatto gli indagati, al termine dell’udienza camerale della Quinta Sezione. Gli imputati nell’ambito dell’inchiesta Prisma sono 12, tra cui figurano l’ex presidente Agnelli, l’ex vice-presidente Pavel Nedved, l’ex direttore sportivo Fabio Paratici e l’ex dirigente Arrivabene, oltre ad altri 8 dirigenti accusati, a vario titolo, di false comunicazioni sociali, ostacolo alla vigilanza e aggiotaggio.
Nel mirino i bilanci degli anni dal 2019 al 2021 oltre ai contratti di compravendita di alcuni calciatori. Le accuse di emissione di fatture per operazioni inesistenti e false comunicazioni societarie dovranno essere smentite nel corso del processo che si terrà a Roma nei prossimi mesi.