Kvicha Kvaratskhelia ha smesso di essere un oggetto del mistero il giorno stesso in cui ha debuttato in Serie A, così il suo gol contro il Torino fa sicuramente meno notizia della doppietta del compagno di squadra André Zambo Anguissa. Anche perché ci sono pochi dubbi su chi sia stato il vero protagonista della vittoria ottenuta dal Napoli ieri al Maradona, al di là del numero dei gol segnati: mentre il georgiano si è beccato i rimproveri continui di Spalletti (e anche in questo non è una novità) per la scarsa lettura tattica della partita, l’allenatore ha incensato pubblicamente il mediano camerunese: “Ne servono due, tre o quattro”, ha detto in conferenza stampa.
Anche Anguissa, come Kvaratskhelia, ha smesso molto presto di essere un oggetto misterioso. Arrivò la scorsa estate come ultimo colpo della sessione estiva di mercato, in prestito dal Fulham, dove giocava poco o nulla, e in brevissimo tempo ha conquistato un posto da titolare a suon di prestazioni meravigliose. Nel girone d’andata fu uno dei perni di un Napoli che viaggiava a ritmi altissimi, in testa alla classifica, e il suo infortunio coincise con il calo degli azzurri, che poi dovettero fare a meno di lui anche durante la Coppa d’Africa. Nella seconda parte della stagione, pur non facendo mancare il suo apporto, non si è ripetuto sugli stessi livelli, ma con un anno di esperienza in più alle spalle, è ripartito alla grande, riscoprendosi assist-man e goleador.
La prima rete con la maglia del Napoli è arrivata in Champions League, contro il Liverpool, mentre con i Rangers si è accontentato dell’assist a Ndombele. In campionato aveva già servito passaggi decisivi contro Monza e Lazio, ma contro il Toro si è superato, prima con un colpo di testa da urlo su cross di Mario Rui, poi con una cavalcata da 50 metri palla al piede dopo aver “pulito” lui stesso una palla difficile per Politano, che poi l’ha mandato in porta, complice la difesa troppo alta dei granata. Un dato su tutti per capire l’importanza di Anguissa in questo Napoli: dieci partite stagionali, dieci partite da titolare, due sole sostituzioni. Forse ha davvero ragione Spalletti: ne servirebbero quattro. Ma intanto ne basta uno, agli azzurri, per sognare in testa alla classifica.